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Come creare il vino base per lo spumante in modo naturale

Esaminiamo una parte del processo di produzione dello spumante confrontandolo con il termine “naturale”.

Dopo la vendemmia l’uva destinata a diventare spumante viene pigiata e diraspata quindi pressata. In altri casi viene pressata direttamente senza essere diraspata.

Successivamente il succo di uva prodotto viene posto in un contenitore dove avviene la decantazione per 24 ore e, dopo essere travasato, parte la fermentazione.

A cosa serve la decantazione?

Il processo di decantazione serve per togliere tutte le particelle grossolane che sono contenute nell’acino e avere quindi un mosto, per quanto possibile pulito.

Durante questa procedura il mosto viene a contatto con l’aria e l’ossigeno contenuto provoca spesso l’imbrunimento del mosto e del futuro vino, con la conseguente necessità di intervenire con sostanze chimiche per togliere questo colore. Inoltre possono essere prodotte anche sostanze sgradevoli.

Quali sono le pratiche per evitare che il mosto si ossidi e si imbrunisca?

La risposta sembrerebbe ovvia: bisogna togliere l’aria.

Sembra però che mosti troppo protetti dall’ossidazione ( in genere con gas inerti) in questa fase rischino poi di imbrunirsi in fasi successive, quando ormai il mosto è vino, con la necessità di interventi chimici ancora più importanti.

Negli anni 70-80 si è introdotto il processo di iperossigenzione, ovvero si dà al mosto ossigeno, in modo che i polifenoli si ossidino, ovvero che il mosto si imbrunisca, per poi eliminarli con la sfecciatura. Notiamo anche che i gas inerti per essere prodotti necessitano energia, quasi sempre elettrica, che comporta immissione di co2 nell’aria, cosa che non avviene con l’iperossigenazione, procedura che è da considerare naturale.

Tutti i tipi di uva producono lo stesso imbrunimento?

No. Ad esempio vitigni per spumante tipo il pinot nero viene valorizzato da una iperossigenazione, vitigni tipo chardonnay danno risposte variabili in funzione della zona di coltivazione e vitigni tipo sauvignon o malvasia perdono gli aromi che sono loro caratteristici. E’ quindi ovvio che questi ultimi vanno protetti, mentre il pinot nero può essere trattato in modo naturale anche durante la pressatura.

Da qui l’importanza di scegliere il vitigno giusto per ciò che si vuol fare e non a caso. A QUERCIALUCE abbiamo scelto il pinot nero anche per questo motivo per fare il Petit Fleuri.

Ci sono enzimi che possono favorire l’ossigenazione e quindi un danno al mosto?

Si, ci sono due enzimi molto importanti: la tirosinasi e la laccasi.

Mentre la tirosinasi è presente in tutti gli uvaggi, la laccasi solo nelle uve affette da Botrytis Cinerea, malattia fungina che compare in presenza di umidità e in vendemmie tardive.

Quest’ultimo non è il caso dello spumante metodo classico: ricordiamo che l’uva viene raccolta molto presto, perché deve avere un grado alcolico basso e quindi difficilmente è colpita da botrytis.

L’enzima tirosinasi, invece, agisce sugli acidi cinnamici che, tramite complesse trasformazioni, costituisce dei chinoni responsabili della colorazione. La velocità di consumo di ossigeno, in presenza di tirosinasi è enorme, passa da 2/mg/l al minuto nel mosto in presenza dell’enzima tirosinasi, a 2/mg/l al giorno nel vino dove la tirosinasi non c’è.

Esiste un sistema di protezione nell’uva per questo processo?

Si esiste e si tratta del glutatione, che ha una fortissima azione antiossidante (che oggi è spesso somministrato come anti-aging nell’uomo). Ciascun tipo di vitigno ne contiene di più o di meno, quindi basta scegliere un vitigno e un ceppo che ne contengano molto per evitare di doverlo somministrare durante la pigiatura. Scegliere il vitigno giusto permette di avere un prodotto naturale, ma anche gradevole.

Durante la decantazione si può intervenire per la protezione del mosto?

Diciamo subito che lo stesso processo di decantazione e sfecciatura provocano l’eliminazione di sostanze colorate e sgradevoli . L’aggiunta di anidride solforosa come anti ossidante è possibile, ma non cercata. Anche la vitamina C è un antiossidante, ma il suo effetto non è duraturo e comporta altre complicazioni.

Il rapido riscaldamento a 60°C del mosto comporta l’eliminazione degli enzimi ossidasici, però bisogna avere macchine complesse e costose e comporta anche il costo energetico di scaldare e raffreddare il mosto.

Come già detto prima, si può operare in presenza di gas inerte, in modo che non avvenga il contatto del mosto con l’ossigeno.

Si può raffreddare il mosto in due modi: con il ghiaccio secco o con macchine frigorifere. Il ghiaccio secco è comodo, si acquista agisce e non lascia residui. Bisogna però approvvigionarlo, negli appositi contenitori dura qualche giorno, ha un costo discreto e la sua produzione comporta un dispendio energetico elevato. Le macchine frigorifere producono una regolazione termica costante, hanno un costo di acquisto ragionevole e possono funzionare durante il giorno in collegamento con un impianto fotovoltaico, quindi senza introdurre co2 nell’atmosfera e con costi di utilizzo nulli. Questo è il metodo scelto da QUERCIALUCE per fare il Petit Fleuri. Se si è a latitudini fredde basta aprire la porta della cantina.

Quale è la fase successiva per produrre vino base per spumante?

Durante la fermentazione possiamo scegliere tre strade di utilizzo dei lieviti: lieviti acquistati, lieviti selezionati in cantina, lieviti presenti nella cantina liberamente.

Cosa sono i lieviti?

I lieviti fanno parte del regno animale, come i batteri o gli insetti. Ciascuno di loro ha modalità di sopravvivenza diverse. Molti animali per superare l’inverno o momenti critici cambiano alcuni aspetti della loro esistenza.

Pensiamo agli orsi che vanno in letargo e non bevono e non mangiano per mesi. Anche i lieviti, per superare la fase critica invernale, vanno in letargo, si seccano, ovvero trasformano la loro struttura eliminando l’acqua, in queste condizione possono resistere a centinaia di gradi sottozero e essere pronti ad una nuova esistenza appena acqua e calore lo concederanno. Rimangono comunque esseri viventi naturali in cantina, sulla terra, nei contenitori surgelati o nei laboratori.

Lieviti acquistati.

I lieviti acquistati sono selezionati, cosa vuol dire? Vuol dire che in un laboratorio hanno selezionato lieviti aventi alcune caratteristiche e poi li hanno seccati, pronti per ripartire con idonea temperatura e acqua. Ad esempio lieviti che non producano anidride solforosa, in modo che durante la vinificazione possa aggiungere il quantitativo che desidero di so2.

Lieviti selezionati in cantina.

Ad esempio nella cantina di QUERCIALUCE abbiamo raccolto i lieviti dalle vasche e dalle pareti guardati al microscopio e selezionati in modo di sapere che tipo di lieviti intervengono durante la vinificazione.

Lieviti spontanei.

Si lascia al caso, ovvero si aspetta che la fermentazione parta all’aria aperta e al termine si vede cosa è successo. Anche in questo caso si può prelevare del mosto e esaminarlo in modo di sapere che tipo di lieviti sta lavorando.

Sono importanti le caratteristiche del mosto per la fermentazione?

Si, sono molto importanti. Facciamo un esempio pratico.

Ho un mosto da cui ricaverò il vino base per spumante. L’uva viene raccolta in anticipo con gradazione di circa 10 gradi alcolici. Il mosto avrà però anche una acidità superiore con ph intorno a 3-3,2. Questo comporta un fatto importantissimo. L’azione dell’so2 prodotta dai lieviti o introdotta è molto più efficace a ph basso che a ph alto. Vuol dire per proteggere il vino base spumante a ph3,1 occorrono, supponiamo, 10 mg/l di so2, per proteggere un vino a ph 3,4 ne occorrono 4 volte di più.

Al contrario di quel che comunemente si pensa un vino base spumante si può tenere in vasca fino a febbraio-marzo, epoca dell’imbottigliamento, con dosaggi molto bassi di so2, proprio perché il ph è più basso e quindi il vino più acido.

Si può ottenere una base spumante naturale?

Si, si può, come abbiamo visto.

Si inizia con un vitigno corretto come il pinot nero, lo si vinifica in presenza di aria, se si può lo si raffredda, lo si fa decantare e si sfeccia. La fermentazione la si fa spontaneamente con lieviti di cantina, che producono quel che basta di so2, con un ph basso, per mantenere in modo ottimale il mosto e poi il vino fino all’imbottigliamento.

Questa è la procedura che usiamo a QUERCIALUCE per il Petit Fleuri.

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Enologo e medico. Laureato in viticoltura e enologia, in medicina e chirurgia. Sono anche su Google +

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